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Rassegna stampa

After the end

La Repubblica Autore: Anna Bandettini · 03 Maggio 2015 
Recensione Vittima-Carnefice Suspense
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La storia di questo spettacolo a due è quella di un sogno nel cassetto condiviso. Da un lato una coppia di attori, Alessandro Lussiana, ex "History Boy", e Valeria Perdonò, che hanno adocchiato nel 2007 un testo dell’inglese Dennis Kelly, noto per Orphans, il musical Matilda e alcune serie tv di successo, e tentano invano di metterlo in scena; dall’altro un giovane regista, Luca Ligato, con la stessa passione per questo testo dramma post-atomico scritto in un periodo di contagio terrorista, anni non di piombo ma di strapiombo. Finalmente si dichiarano e così va in scena After the End, black comedy che arriva a Milano dopo un successo romano particolare.
Lui le dice che fuori c'è un attacco terrorista nucleare, che i loro amici sono forse tutti morti, lei si lascia salvare facendosi rinchiudere in un bunker. Lui però la ossessiona per amore, lei lo tiene sulla corda, lui la mortifica, lei soccombe, lui si abbandona, lei lo tiene in pugno con un coltello... Pare che l'amore nella drammaturgia contemporanea sia solo così: un gioco al massacro, un gioco di perdizione e di sopraffazione oppure niente. In After the End, del 2005, lo scrittore inglese Dennis Kelly non si sottrae a questo schema ormai risaputo di vittima-carnefice. Nella sua commedia, costruita con una struttura a capitoli, brevi, veloci flash di questa vita a due, sempre in bilico tra suspense e riflessione sull'animo umano, i protagonisti sono due ragazzi di oggi come tanti: Mark, aria da giovanotto perbene, apparentemente gentile, solitario, forse isolato, e Louise, carina, vivace, molto più spigliata, desiderosa d'amore. Da amici non si sono mai "presi", separati dal carattere, dai desideri, dai sogni... almeno fino a quel bunker, a quel "sequestro", dove la loro storia cambia arrivando a un epilogo un po' prevedibile, e dove deciderà lo spettatore chi dei due ha avuto davvero la meglio.

Al Teatro dell'Orologio, piccola ma attivissima e sempre frequentata multisala teatrale del centro di Roma, in questi giorni si può vedere la messa in scena che ne ha fatto il giovane Luca Ligato, precisa e professionale, ma tutta nello stile del realismo che purtroppo porta fuori dalla dimensione del teatro i due personaggi, di fatto semplificandoli e banalizzandoli. Tra spintoni, cibo vero disseminato per il palco, sudore, assalti, Mark e Louise risultano fin troppo didascalici e ovvi, poco inquietanti, nonostante i due bravi attori: Alessandro Lussiana e Valeria Perdonò, poco a poco acquistano individualità e diventano più simpatici, lei un po' matta ma piacevole, lui serio e malvagio fino alla fine.
In 65 asfissianti minuti l’autore racconta, dondolandosi tra suspense e humor, cosa avviene nei provati meandri interiori di un uomo e una donna che si svegliano in un rifugio antiatomico in un futuro post-tutto, come quello dei film barbaro-fantasy di Mad Max e soci, e si dimostrano voracemente tutte le sfumature di odio e amore di cui sono capaci su un contesto di macerie morali e materiali.

«Mi ha conquistato – dice Lussiana – il rapporto vittima-carnefice declinato all’interno di un contesto molto contemporaneo: il testo è scritto nel 2005, dopo le Torri Gemelle e gli attentati alla metro di Londra, in un’atmosfera di paura che conosciamo bene. Da qui si parte però per un ragionamento più allargato, una riflessione sulle nostre nevrosi e scompensi valorizzati al massimo dal contesto di paura, vedi Charlie Hebdo, e dalla claustrofobia del rifugio».

La frase chiave di After the End dice: «C’è un unico modo per farsi distruggere, permettere agli altri di trasformarti in qualcosa di diverso da quello che sei». «È vero. Colpevoli tutti: i media, la gente, la tensione del bunker porta tutto a estreme conseguenze alterando le relazioni umane. Di questa generale follia il testo parla, anche con una sua ironia inglese nella scrittura. Credo sia una forma di teatro contemporaneo asciutto, che ci appartiene per intero come attori e come spettatori. Perché i personaggi sono i nostri vicini, di cui mostriamo umanità/disumanità senza paura a guardarci dentro: bisogna esaminare chirurgicamente i rapporti e studiare le tensioni che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, si stabiliscono tra colleghi, innamorati, amici, parenti, senza gradi di separazione che tengano».