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Rassegna stampa

Black comedy per due interpreti in un bunker

Corriere della sera Autore: Maurizio Porro · 19 Maggio 2015 
Recensione Umanità/Disumanità Claustrofobia
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"After the end" un dramma postatomico.

La storia di questo spettacolo a due è quella di un sogno nel cassetto condiviso. Da un lato una coppia di attori, Alessandro Lussiana, ex "History Boy", e Valeria Perdonò, che hanno adocchiato nel 2007 un testo dell’inglese Dennis Kelly, noto per Orphans, il musical Matilda e alcune serie tv di successo, e tentano invano di metterlo in scena; dall’altro un giovane regista, Luca Ligato, con la stessa passione per questo testo dramma post-atomico scritto in un periodo di contagio terrorista, anni non di piombo ma di strapiombo. Finalmente si dichiarano e così va in scena After the End, black comedy che arriva a Milano dopo un successo romano particolare.

In 65 asfissianti minuti l’autore racconta, dondolandosi tra suspense e humor, cosa avviene nei provati meandri interiori di un uomo e una donna che si svegliano in un rifugio antiatomico in un futuro post-tutto, come quello dei film barbaro-fantasy di Mad Max e soci, e si dimostrano voracemente tutte le sfumature di odio e amore di cui sono capaci su un contesto di macerie morali e materiali.

«Mi ha conquistato – dice Lussiana – il rapporto vittima-carnefice declinato all’interno di un contesto molto contemporaneo: il testo è scritto nel 2005, dopo le Torri Gemelle e gli attentati alla metro di Londra, in un’atmosfera di paura che conosciamo bene. Da qui si parte però per un ragionamento più allargato, una riflessione sulle nostre nevrosi e scompensi valorizzati al massimo dal contesto di paura, vedi Charlie Hebdo, e dalla claustrofobia del rifugio».

La frase chiave di After the End dice: «C’è un unico modo per farsi distruggere, permettere agli altri di trasformarti in qualcosa di diverso da quello che sei». «È vero. Colpevoli tutti: i media, la gente, la tensione del bunker porta tutto a estreme conseguenze alterando le relazioni umane. Di questa generale follia il testo parla, anche con una sua ironia inglese nella scrittura. Credo sia una forma di teatro contemporaneo asciutto, che ci appartiene per intero come attori e come spettatori. Perché i personaggi sono i nostri vicini, di cui mostriamo umanità/disumanità senza paura a guardarci dentro: bisogna esaminare chirurgicamente i rapporti e studiare le tensioni che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, si stabiliscono tra colleghi, innamorati, amici, parenti, senza gradi di separazione che tengano».