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Rassegna stampa

After the End

Città nuova Autore: Giuseppe Siciliano · 02 Maggio 2015 
Recensione Claustrofobia Psicologia
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Trasposizione teatrale di After the end (Dopo la fine) del visionario drammaturgo londinese Dennis Kelly (classe 1970), pièce scritta nel 2005 subito dopo gli attacchi terroristici di Londra.

Due persone sono chiuse in un rifugio antiatomico dove dovranno restare per molti giorni. Louise non ricorda nulla degli eventi che l’hanno portata in quel sotterraneo della casa di Mark. Sa, dal suo racconto, che l’amico l’ha salvata, portandola in braccio priva di sensi, da una spaventosa esplosione nucleare — forse un attentato terroristico — che ha provocato distruzione e morte anche tra i loro amici e parenti. L’unico contatto con l’esterno è una radio, che però non dà alcun segno di ricezione. E una botola, dalla quale, a un certo punto, la ragazza udirà dei rumori.

Questo è lo scenario di After the end (Dopo la fine) del visionario drammaturgo londinese Dennis Kelly (classe 1970), pièce scritta nel 2005 subito dopo gli attacchi terroristici di Londra. Definita “pungente black comedy” e “dramma psicologico” (ma senza un sufficiente scandaglio), ha somiglianze con Il bicchiere della staffa di Pinter e rimandi, per quello spazio da sepolti vivi e da day after, al Finale di partita di Beckett, pur senza possederne la forza visionaria.

Man mano che veniamo coinvolti nella claustrofobica e surreale storia della giovane coppia — nei loro dialoghi dapprima concilianti e poi sempre più esasperati, nelle azioni violente determinate dalla convivenza forzata, negli scambi di ruolo tra vittima e carnefice — ci viene il dubbio che potremmo trovarci dentro un incubo della donna, o nella fantasia malata dell’uomo. Louise, solo verso la fine, dubiterà dell’attacco e dell’esplosione, credendo siano invenzioni dell’amico paranoico.

Indizi a sostegno emergono: la provvista di alimenti che Mark ha accumulato ossessivamente; l’appartamento — l’unico del palazzo con un bunker — acquistato preventivamente; le rivelazioni sulla loro amicizia (lei è la donna dei suoi sogni); la costrizione al gioco di ruolo Dungeons & Dragons, tanto che, quando lei resiste, lui inizia a limitarle l’approvvigionamento di generi alimentari.

Amore, odio, ricatti, umiliazioni, pulsioni, morbosità e soprattutto la follia latente generata dall’abuso di potere dell’uomo sulla donna, la manipolazione psicologica, il disadattamento, gli aspetti più reconditi dell’essere umano con le sue paure e fragilità: sono questi i temi che animano la pièce. Ci dice qualcosa sulla condizione umana e sulla sua reazione alle avversità, ponendoci domande su quanto tutto questo possa trasformarci e renderci irriconoscibili a noi stessi. Fino a — ed è l’epilogo spiazzante e a sorpresa — non ricordare più chi siamo.

Nell’intermittenza di buio e luce che regola le sequenze, scandite dalle musiche originali di Giulio Fassina e Alessandro Emmi, la regia asciutta del giovane Luca Ligato e la recitazione tesa e naturale dei due interpreti, Alessandro Lussiana e Valeria Perdonò, accompagnano in un autentico tour de force la scrittura incalzante, con qualche sprazzo di umorismo, impaginata dentro una scena non del tutto claustrofobica, composta da un pannello frontale di quadri grigi e alcuni arredi metallici. E quella botola immaginaria, dalla quale lei potrebbe scappare. Ma che non apre. Perché la battaglia tra i due non è ancora conclusa.