"After the end" di Dennia Kelly, regia Luca Ligato
La black comedy dà magistralmente corpo e voce al confuso mix di
paura, fragilità e crudeltà che cova all’interno di ciascuno di noi.
Louise e Mark, alternandosi nel ruolo di vittima e carnefice,
ricreano lo scontro di emozioni che, come in un bunker antiatomico,
ha continuamente luogo nella mente degli uomini.
C’era una volta il mondo diviso a metà, longitudinalmente, tra due
superpotenze. Sembra una vita fa e invece è passata solo una
manciata di decenni da quando si viveva con l’ansia che scoppiasse
un conflitto tra i Paesi firmatari del Patto Atlantico e le Nazioni
del Blocco Sovietico. Il terrore che gli avversari potessero far
ricorso ad armi nucleari spinse molti cittadini a realizzare, nel
giardino di casa, un vero e proprio bunker antiatomico: negli anni
Ottanta, persino su Casabella, di fianco al nuovo edificio di Aldo
Rossi o al servizio sugli architetti portoghesi, spuntava la
pubblicità di una ditta che produceva e installava rifugi ideali per
accogliere un’intera famiglia per mesi, dotati di innovativi sistemi
di depurazione dell’aria. Ora si sorride, ma all’epoca in molti
assecondarono le proprie paure. I bunker superstiti, chiaramente
inservibili per difendersi dalle attuali minacce terroristiche,
rappresentano bizzarre annessioni alle proprietà immobiliari. Così
come bizzarro appare, agli occhi di amici e conoscenti, anche chi li
acquista: è questa la sorte di Mark, l’inquietante protagonista di
After the End, il coinvolgente dramma che in questi giorni è in
scena al Teatro Elfo Puccini di Milano.
Dennis Kelly, l’autore della black comedy, come noi ha vissuto
infanzia e adolescenza in pieno clima di Guerra Fredda e dalle paure
di quegli anni sembra aver tratto sublime ispirazione. Il
palcoscenico diventa la riproduzione del bunker in cui Mark ha
condotto Louise, traendola in salvo dall’esplosione nucleare che ha
devastato interi quartieri della città. Egli pazientemente le spiega
che il fungo nucleare intravisto all’orizzonte impone che, per la
loro sicurezza, rimangano sigillati in quel luogo, con acqua e cibo
razionati, per settimane, senza avere alcuna idea di cosa accada,
nel frattempo, all’esterno.
Louise non riesce a ricordare nulla dell’esplosione e, forse anche
per questo, a tratti non può esimersi dal sospettare che Mark,
infastidito dalla sufficienza con cui in passato ha respinto i suoi
approcci, l’abbia rapita. La cattività in breve tempo trasforma la
gratitudine della ragazza in disprezzo verso il proprio compagno,
lasciandola oscillare tra il desiderio di fuga da quella che ormai è
divenuta una claustrofobica prigione e la paura di risalire in
superficie, affrontando un mondo che potrebbe essere privo di
affetti e punti di riferimento. Dopo gli iniziali scambi di battute,
tra i due personaggi l’armonia lascia il campo alla prevaricazione –
fisica e psicologica – in un continuo scambio di ruoli tra Mark e
Louise.
Luca Ligato, il regista, utilizza con sapienza le musiche originali
di Eon e il disegno luci di Alessandro Tinelli per dar vita a
un’emozionante successione di scenari che marcano lo scorrere del
tempo. Quasi prendendo a prestito il montaggio degli sketch
televisivi, l’escalation di violenza viene offerta al pubblico in
una sequenza di veloci quadri in cui Louise si immedesima ora nella
vittima, ora nel carnefice, cercando disperatamente il coraggio di
aprire la botola che la separa dalla realtà. Uscirà o si abbandonerà
spossata a Mark, sopraffatta dall’angoscia e dall’incipiente follia?
Il ritmo, sempre più incalzante, impresso all’opera da Ligato
mantiene alta la tensione del pubblico in sala, in attesa di un
finale agghiacciante che riesce a fugare tutte le supposizioni
elaborate nell’ora precedente. Sorpresi e turbati, non possiamo che
associarci al lungo applauso tributato in primis ad Alessandro
Lussiana e Valeria Perdono per la superba e convincente prova di
recitazione che ci hanno offerto. L’entusiasmo cresce quando poi ci
rivolgiamo al regista: dalla scelta del testo alle soluzioni
scenografiche essenziali, dalle musiche fortemente evocative alla
direzione del cast, Ligato è riuscito in modo encomiabile a
rappresentare i nostri pensieri sadici più reconditi e le paure che
ci fanno svegliare di soprassalto nel cuore della notte.
Alraune Teatro