After the End – Rassegna Stampa: Ecco a voi Dennis Kelly | Alraune Teatro Salta al contenuto
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Rassegna stampa

After the end

Milano da bere Autore: Silvana Costa · 23 Maggio 2015
Recensione Claustrofobico Psicologico
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"After the end" di Dennia Kelly, regia Luca Ligato

La black comedy dà magistralmente corpo e voce al confuso mix di paura, fragilità e crudeltà che cova all’interno di ciascuno di noi. Louise e Mark, alternandosi nel ruolo di vittima e carnefice, ricreano lo scontro di emozioni che, come in un bunker antiatomico, ha continuamente luogo nella mente degli uomini.

C’era una volta il mondo diviso a metà, longitudinalmente, tra due superpotenze. Sembra una vita fa e invece è passata solo una manciata di decenni da quando si viveva con l’ansia che scoppiasse un conflitto tra i Paesi firmatari del Patto Atlantico e le Nazioni del Blocco Sovietico. Il terrore che gli avversari potessero far ricorso ad armi nucleari spinse molti cittadini a realizzare, nel giardino di casa, un vero e proprio bunker antiatomico: negli anni Ottanta, persino su Casabella, di fianco al nuovo edificio di Aldo Rossi o al servizio sugli architetti portoghesi, spuntava la pubblicità di una ditta che produceva e installava rifugi ideali per accogliere un’intera famiglia per mesi, dotati di innovativi sistemi di depurazione dell’aria. Ora si sorride, ma all’epoca in molti assecondarono le proprie paure. I bunker superstiti, chiaramente inservibili per difendersi dalle attuali minacce terroristiche, rappresentano bizzarre annessioni alle proprietà immobiliari. Così come bizzarro appare, agli occhi di amici e conoscenti, anche chi li acquista: è questa la sorte di Mark, l’inquietante protagonista di After the End, il coinvolgente dramma che in questi giorni è in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano.

Dennis Kelly, l’autore della black comedy, come noi ha vissuto infanzia e adolescenza in pieno clima di Guerra Fredda e dalle paure di quegli anni sembra aver tratto sublime ispirazione. Il palcoscenico diventa la riproduzione del bunker in cui Mark ha condotto Louise, traendola in salvo dall’esplosione nucleare che ha devastato interi quartieri della città. Egli pazientemente le spiega che il fungo nucleare intravisto all’orizzonte impone che, per la loro sicurezza, rimangano sigillati in quel luogo, con acqua e cibo razionati, per settimane, senza avere alcuna idea di cosa accada, nel frattempo, all’esterno.

Louise non riesce a ricordare nulla dell’esplosione e, forse anche per questo, a tratti non può esimersi dal sospettare che Mark, infastidito dalla sufficienza con cui in passato ha respinto i suoi approcci, l’abbia rapita. La cattività in breve tempo trasforma la gratitudine della ragazza in disprezzo verso il proprio compagno, lasciandola oscillare tra il desiderio di fuga da quella che ormai è divenuta una claustrofobica prigione e la paura di risalire in superficie, affrontando un mondo che potrebbe essere privo di affetti e punti di riferimento. Dopo gli iniziali scambi di battute, tra i due personaggi l’armonia lascia il campo alla prevaricazione – fisica e psicologica – in un continuo scambio di ruoli tra Mark e Louise.

Luca Ligato, il regista, utilizza con sapienza le musiche originali di Eon e il disegno luci di Alessandro Tinelli per dar vita a un’emozionante successione di scenari che marcano lo scorrere del tempo. Quasi prendendo a prestito il montaggio degli sketch televisivi, l’escalation di violenza viene offerta al pubblico in una sequenza di veloci quadri in cui Louise si immedesima ora nella vittima, ora nel carnefice, cercando disperatamente il coraggio di aprire la botola che la separa dalla realtà. Uscirà o si abbandonerà spossata a Mark, sopraffatta dall’angoscia e dall’incipiente follia? Il ritmo, sempre più incalzante, impresso all’opera da Ligato mantiene alta la tensione del pubblico in sala, in attesa di un finale agghiacciante che riesce a fugare tutte le supposizioni elaborate nell’ora precedente. Sorpresi e turbati, non possiamo che associarci al lungo applauso tributato in primis ad Alessandro Lussiana e Valeria Perdono per la superba e convincente prova di recitazione che ci hanno offerto. L’entusiasmo cresce quando poi ci rivolgiamo al regista: dalla scelta del testo alle soluzioni scenografiche essenziali, dalle musiche fortemente evocative alla direzione del cast, Ligato è riuscito in modo encomiabile a rappresentare i nostri pensieri sadici più reconditi e le paure che ci fanno svegliare di soprassalto nel cuore della notte.