SALTINARIA.it di FRANCESCO MATTANA


Onore al merito dello Spazio Tertulliano: non e' l’unico teatro della scena milanese a proporre spettacoli 'perturbanti' e 'conturbanti', ma e' uno dei pochi riuscito a conquistarsi una pattuglia di spettatori affezionati. Una credibilita' sedimentata col tempo, e questo e' gia' un motivo di plauso. Fuor di dubbio che, per rendersi credibili, bisogna anzitutto proporre al pubblico degli standard qualitativi alti; altrettanto certo che "Orphans", in scena dall’8 al 18 aprile, rientrasse nella categoria dei buoni prodotti, realizzati con passione e sensibilita'. Detto questo, ci sembra corretto muovere qualche appunto critico. In maniera molto amichevole, come si usa fare tra persone che si stimano reciprocamente.

Il problema principale di questa piece era la lunghezza: due ore abbondanti di recita ininterrotta risultavano troppe, sia per chi stava sul palco sia per chi stava seduto in platea. L'autore Dennis Kelly - noto al grande pubblico come creatore della serie Utopia - ha dichiarato in un'intervista che le sue opere possono essere amate o odiate, ma nessuno potra' dire che siano noiose. E invece, caro Dennis, bisogna che te ne fai una ragione: "Orphans", a tratti, annoiava. E la noia scaturiva soprattutto da una scrittura che, in certi momenti, appariva autocompiaciuta e ridondante.

Il testo quindi era un filino zoppicante qui e la', ma la colpa di cio' naturalmente non era ne' del regista Luca Ligato ne' dei tre protagonisti Dario Merlini, Alice Francesca Redini e Umberto Terruso. Luca anzi ha sfoderato delle intuizioni ragguardevoli: magari si puo' discutere su Nina Zilli prima dell'apertura, tuttavia l'idea di partire immediatamente con una sequenza alla Psyco - lo stupore terrorizzato della protagonista di fronte alla maglietta insanguinata del fratello - non era affatto male, perche' lasciava intendere una sensibilita' cine/televisiva; un senso del ritmo e della rapidita'; un desiderio, piu' che legittimo, di mettere da parte certe lentezze che appartengono al linguaggio classico del teatro. Luca ha dimostrato insomma di essere piu' kelliano di Kelly, e questo gli fa onore perche' significa che ha interiorizzato molto bene la lezione del maestro.

Quindi come inizio dello spettacolo, piu' o meno, c'eravamo. Piu' o meno, nel senso che questa illuminazione di arrivare subito al sodo della trama, senza nessun preambolo, volendo poteva essere resa con una recitazione piu' efficace. Partivano un po' moscietti, tutti e tre gli attori. Nell'arco delle due ore hanno avuto modo di rifarsi, mostrando un discreto brio recitativo. Pero' c'e' un pero': l'impressione generale, cosi' a occhio, e' che non fossero un gruppo di interpreti particolarmente affiatato. Poi magari in realta' si vogliono un gran bene tra di loro - e saremmo tutti molto felici di questo fatto - eppure a vederli cosi' non traspariva un feeling particolare. Dei tre, quella che conosciamo meglio e' Alice Redini. Dopo averla seguita in parecchie sue imprese, possiamo fare un primo bilancio provvisorio: 1. Le parti da esagitata le vengono piuttosto bene (fermo restando che, ad esempio quando interpreta la madre di Iaio in Viva l'Italia, sa rendere benissimo anche la sobrieta' del dolore); 2. Il ruolo di Helen in "Orphans" non aggiunge e non toglie piu' di tanto al suo percorso d'attrice: tutto sommato poteva anche non rientrare nel suo curriculum (mentre Angela, la donna di cui vestira' i panni all'Elfo dal 25 aprile al 4 maggio, quello si' che e' un personaggio da segnare in grassetto nel CV).

La scenografia di Giovanna Angeli giustamente non doveva essere invasiva, perche' occorreva lasciare in primo piano i tormenti del terzetto, consumati in un anonimo appartamento londinese. Ma volendo si poteva essere ancor piu' minimalisti, eliminando pure il fondale che stava a simboleggiare l'intrecciarsi complicato dei rapporti tra coniugi e consanguinei. Il concetto che Kelly e Ligato volevano esprimere era gia' abbastanza chiaro, anche senza il fondale.
I costumi di Carla Goddi, invece, si intonavano perfettamente alla cornice e al racconto.

Ci siamo permessi di segnalare alcune steccature in questa sinfonia familiare andata in scena nei giorni scorsi. Ma niente paura: come diceva il miliardario di A qualcuno piace caldo, "nessuno e' perfetto". "After the end"- sempre di Kelly, sempre al Tertulliano, sempre diretto da Luca Ligato - era sicuramente uno spettacolo piu' compatto, per svariati motivi (non ultimo, l'amicizia quasi simbiotica tra Valeria Perdono' e Alessandro Lussiana).
Le imperfezioni, d'altra parte, sono il sale della vita. Meno male che ci sono le incompiutezze a questo mondo: senza di esse, ci sentiremmo tutti orphans.
 

FRANCESCO MATTANA
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