LENIUS.IT di Daniele Gabrieli


Orphans, attualmente in scena presso lo Spazio Tertulliano di Milano, e' un'opera di genere drammatico dell'autore londinese Dennis Kelly; se il suo nome non vi giunge nuovo, e' probabile che siate fan del suo lavoro piu' celebre, la serie TV britannica "Utopia".

Che Kelly venga dalla serialita' televisiva e' evidente fin dall段ncipit: "Orphans" si apre in media res, nel cuore dell誕zione, senza preamboli ne' presentazioni. Tutto quello che ci serve sapere sui personaggi e sui rapporti che li legano emerge dai dialoghi nei primi cinque minuti, come da manuale di scrittura televisiva.

Difficile parlare dell段ntreccio di Orphans senza commettere il reato di spoiler. Le premesse: Danny e Helen, marito e moglie, stanno cenando nella loro casa quando irrompe Liam, il fratello di lei, in stato di shock e con i vestiti inzuppati di sangue. Cosa gli e' successo? E quanto c'e' di vero nella storia che racconta? La ricostruzione dei fatti che hanno portato a quel momento avra' conseguenze pesanti sugli equilibri familiari: verranno a galla vecchi segreti e tensioni nascoste, fino a una conclusione sconcertante.

Strutturato per blocchi narrativi separati da brevi blackout, "Orphans" e' una vera e propria discesa all段nferno, dove ogni ulteriore gradino avvicina i personaggi agli abissi piu' oscuri delle loro anime. Ma e' anche l'opera di uno scrittore inglese, pertanto non puo' essere esente da sprazzi di gelido umorismo british, utili ad accentuare ancora di piu' il clima straniante che si respira in scena.

La versione milanese e' diretta da Luca Ligato e messa in scena dalla compagnia Alraune Teatro. Dario Merlini, nel ruolo di Danny, e' un credibile everyman costretto dagli eventi a riconoscere la fragilita' delle sue certezze. Alice Francesca Redini, nei panni di Helen, ha la sottile ambiguita' della donna tormentata che si sforza fino all'ultimo di mantenere le apparenze. E Umberto Terruso e' un Liam capace di suscitare sentimenti che vanno dalla simpatia alla paura.

Gli attori si muovono all段nterno di una scenografia dal minimalismo estremo, dove il vuoto domina sul pieno e i colori sono ridotti al bianco e al nero: perfetta metafora dell置niverso narrativo freddo e ostile nel quale sono confinati i personaggi.

A questo punto vi starete chiedendo qual e' il senso del titolo. Non rivelo nulla di decisivo ai fini della trama se dico che gli orfani sono Helen e Liam, cresciuti senza genitori. Ma la verita' e' che prima di arrivare all'epilogo tutti i protagonisti saranno orfani: di se stessi.


daniele gabrieli
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